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Nostalgie da cartolina ai tempi dei sociali. Saluti e baci sono vintage. E la piadina è sempre una meraviglia

5 Settembre 2016
La piada farcita, pietanza squisita

L’estate – che peraltro sta finendo senza finire, nel senso che fa ancora un calco schiopone, come si direbbe cacofonicamente dalle mie parti – riporta spesso a casa, alle radici. E con me anche quest’anno non ha fatto eccezione.

Eccomi dunque di ritorno da quella terra in cui ci si muove ancora tanto in bicicletta, ma con un ritmo lento e cadenzato che non ha molto da spartire con la pedalata un po’ isterica alla milanese.

Dove tutti i primi piatti – anche quelli asciutti – si chiamano “minestre”. Dove si parla un dialetto spigoloso e melodioso insieme, che serve per approcciare in un modo spiccio anche gli amici più cari. Basti pensare che per dire: «Che piacere vederti!» certi vecchi del posto usano ancora l’espressione: mo’ cut vegna un azident! Che letteralmente sarebbe: ma che ti venga un accidente, sei proprio tu (quest’ultimo inciso è sottinteso, come la felicità di rivedere il conoscente).

È un posto così bello, la Romagna. Così bello che verrebbe voglia di mandare una cartolina, se si usasse ancora mandare cartoline. Se quel pezzo di cartoncino, con foto suggestiva da una parte e qualche riga diligentemente prestampata dietro per ospitare indirizzo e baci, non fosse diventata un po’ obsoleta in tempi di sms e mail, whatsapp e messenger. Povere cartoline!

Alcuni tabacchini si ostinano ancora a esporle, ordinatamente appollaiate su appositi trespoli all’ingresso dell’esercizio commerciale… Ma le cartoline dai luoghi di villeggiatura altro non sono ormai che sopravvissute icone vintage (come la parola villeggiatura, del resto), mandate in pensione senza preavviso da un bel post sui social, dove tu, destinatario, insieme alla veduta panoramica puoi ricevere la stessa immagine mozzafiato del paesaggio personalizzata con il faccione (o qualsivoglia altra parte del corpo) del mittente. Vuoi mettere? Se poi quest’ultimo è particolarmente abile col telefonino, il suddetto panorama te lo vedi a video.

Con questi presupposti, la povera cartolina che fa? Viene buona tuttalpiù per raccogliere dal tavolo la polverina argentata che si ammucchia dopo aver grattato, per l’ennesima volta inutilmente, un “gratta e vinci”. Ma siccome mi piace sognare, la mia cartolina dalla Romagna è golosa, di forma arrotondata e porta scritto: «Tanti baci, con piadina». Mitico pane azimo di cui vi passo la più tradizionale delle ricette, quella che faccio io e che faceva mia nonna, quando ancora dalla villeggiatura si spedivano le cartoline.

Come è buona la piadina fatta in casa. Sotto la ricetta, come la faceva mia nonna

Come è buona la piadina fatta in casa. Sotto la ricetta, come la faceva mia nonna

 

La piadina romagnola

Cosa ti serve

1 kg di farina tipo 00

150 g di strutto

1 pizzico di sale

acqua (o latte, oppure metà e metà) quanto basta: col latte la piadina diventa più morbida

4 g di bicarbonato

Come devi fare

Versa la farina sulla spianatoia o dentro un’ampia ciotola. Aggiungi lo strutto, il sale, acqua e latte (o solo acqua) quanto basta e poi il bicarbonato. Lavora il tutto con le mani, fino a ottenere un impasto abbastanza sodo. Trasferisci in una ciotola di vetro o coccio, copri con uno strofinaccio pulito e lascia riposare per circa un’ora. Suddividi l’impasto in pagnottelle che una volta stese col matterello abbiano un diametro di circa 25 centimetri. Lo spessore della piadina invece dipende dai gusti: a me piace sottile quindi la tiro un po’ di più. Nel tirare la piadina, infarina spesso il matterello di legno per evitare che l’impasto attacchi.

Ideale sarebbe poi cuocere le piadine, come si faceva una volta e ancora si fa in alcune case romagnole, sul “testo”, che è un apposito disco di terracotta. Per praticità, cuoci la piadina su una teglia di ghisa oppure anche dentro un’ampia padella antiaderente, su fornello a fiamma vivace e mai troppo a lungo. Via via che la cottura avanza, in superficie si devono formare delle bolle “a chiazze”, caratteristiche della piadina. Durante la cottura è bene sforacchiare la piada coi rebbi della forchetta, muovendola perché non attacchi, rigirandola in senso orario. Infine, è necessario aiutarsi con un’ampia paletta o un coltello a lama larga per rivoltarla e cuocerla per 3 o 4 minuti anche dall’altra parte. Mano a mano che le cuoci, disponi le piadine all’interno di un canovaccio di lino, piegato a metà, disposto sopra un cesto di vimini, così resteranno morbide e calde. La piadina può essere mangiata e farcita in mille modi: il più classico (e per me il più buono) resta quello di consumarla calda, con i salumi, lo squacquerone – il tipico formaggio molle romagnolo – e un ciuffetto di rucola.

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