È arrivata la stagione del brodo. Che non è solo un alimento, una base o un complemento per altri piatti, dallo spezzatino al risotto. Il brodo di carne è un rito. E come tutti i riti va celebrato.
Non vorrei che il paragone fosse un po’ azzardato, ma io lo faccio sempre di domenica mattina. E se vi ricorda la Santa Messa, amen… Sacro e profano, tanto, si mescolano che è una meraviglia in questo liquido che ha il colore dell’oro e il sapore del Paradiso, quando è fatto bene.
E quando può dirsi ben fatto un brodo di carne? Intanto, quando c’è l’amore per quella miscela sostanziosa e duttile, che sa di buono. O quando muori dalla voglia di sentire per casa il profumo di verdure e aromi che si diffonde quasi chiedendo permesso, tanto è discreto; sa di attesa, di festa e di cose semplici, il brodo.
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E poi, viene bene il brodo quando ti piace che la cucina, nella stagione fredda, si veli come una sposa di un vapore lieve che pare chiffon: sui vetri che si appannano e sulle posate da cucina che serviranno per prepararlo. Perché se è vero che il primo ingrediente è la Santa Pazienza, dal momento che la pentola “deve andare” per almeno 3 ore, c’è tutto un “dopo” fatto di mestoli più o meno forati e di garze di lino per filtrarlo, travasarlo, renderlo limpido e chiaro come un pomeriggio di marzo quando soffia il vento.
Io, ora, nel vano tentativo di rincorrere una cucina sempre più light, lo sgrasso pure; operazione che però riesce lasciandolo raffreddare bene, così il grasso si raccoglie in uno strato sodo e visibile che si rimuove facilmente.
In verità l’operazione si porta via anche un po’ di sapore, al punto che mio nonno, quando nella fondina vedeva un brodo troppo chiaro e limpido diceva, non senza rammarico: «Un ha miga i’occ!». Tradotto: il brodo nel piatto non aveva “gli occhi”, e cioè quei pois galleggianti di colore giallo più carico che poi sono il grassettino della carne che in 3 ore si scioglie, regalando all’alla ex acqua – ora brodo – tutto il suo incommensurabile sapore.
Col brodo di carne appena fatto ci stanno bene i passatelli, i cappelletti che così danno il meglio di sé, ma anche questa antica e robusta minestra romagnola. Un vero piatto unico che unisce al riso le uova e la noce moscata, in un’orgia di profumi capace di riempire una cena d’inverno.
Riso e uova in brodo, all’antica
Cosa ti serve (per 4 persone)
250 gr di riso Vialone nano
3 uova
4 cucchiai abbondanti di parmigiano reggiano grattugiato
noce moscata q.b.
Per fare il brodo di carne:
1 pezzo di manzo (muscolo) circa 800 gr
1 pezzo di biancostato con parti grasse
½ gallina o cappone
2 coste di sedano
1 carota
1 cipolla
4 chiodi di garofano
2 o 3 pomodorini piccoli
pepe nero in grani (mezzo cucchiaiino)
sale
Come devi fare
Prima di tutto fai il brodo. Lava la carne sotto l’acqua fredda e, al cappone o alla gallina, rimuovi eventuali residui di penne.
Pulisci e lava anche tutte le verdure. Prendi una pentola molto capiente, disponi sul fondo la carne, la carota e il sedano, i pomodorini, la cipolla in cui avrai conficcato i chiodi di garofano, il pepe in grani.
Metti sul fioco, copri e porta a ebollizione. Quando il tutto comincia a bollire, aggiungi sale grosso, ma con cautela: fai sempre in tempo ad aggiungerne.
Ora abbassa il fuoco e non avere fretta: occorrono almeno 3 ore e mezza. Quando il brodo è fatto, preleva i pezzi di carne e mettili in un contenitore (magari con l’aggiunta di un po’ di brodo, così il bollito non asciuga troppo).
Filtra il brodo di tutte le impurità e prelevane circa 2 litri. Mettilo in un’altra pentola, riportalo a ebollizione e versa il riso, che cuocerà in circa 16-18 minuti. Al momento di spegnere i fuochi sotto la pentola aggiungi le uova, sbattute a parte in un piatto, e mescola la minestra.
Spolvera con una generosa grattugiata di noce moscata e impiatta, terminando con l’aggiunta di un cucchiaio di parmigiano per ogni fondina.
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