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Risotto alla crema di cipollotti e liquirizia. E la nostalgia dell’inverno rubato

4 Febbraio 2016

Chi ha rubato i giorni della merla? Una volta, in questa stagione, ti svegliavi la mattina e, avvolta in una calda vestaglia, dai vetri delle finestre vedevi la brina sugli alberi spogli.

Prima di affondare il naso nella tazzona del caffelatte, lo sguardo correva sul calendario appeso in cucina e magari segnava il 29 o il 30 o il 31 gennaio.

Quando mia nonna ci veniva a trovare, d’inverno, si copriva come un palombaro, anche se abitava solo al piano di sotto. Ma la scala era all’esterno, e che freddo faceva! Per forza – diceva ogni santo giorno a fine gennaio– sono i giorni della merla, i più freddi dell’anno!

Che è cambiato tutto, l’ho capito da un pezzo ormai. Per cominciare, ho alcuni decenni di più; la vestaglia e la tazzona, a dire il vero un po’ sbrecciata, esistono ancora da qualche parte nascoste tra i segreti della casa; lo spirito di quella bambina, chissà, massì è sopravvissuto…

Quello che non c’è proprio più è la brina, che non era neve e non era ghiaccio, copriva i campi e i rami, sembrava quasi un ricamo inventato dalla notte per dirci quanto avesse fatto freddo.

Potevi ammirarla solo la mattina presto, al risveglio, perché quando passavano le 9 la temperatura comunque si alzava ed era tutto finito. Oggi, se voglio ricordare la brina, devo andare in cantina a rovistare tra i sussidiari delle elementari: solo là ormai sopravvive lo scorrere delle stagioni. E pazienza per la brina, se oggi non esiste più; magari è una sfumatura che non possiamo permetterci, così rarefatta e sofisticata, ma il freddo? Quello, gente, faceva e farebbe ancora un gran bene (quando hai da coprirti), perché conserva organismi e microrganismi.

Basta pensare al frigorifero, per non parlare del freezer… Necessari, punto. Come sarebbe ancora necessario l’inverno che qualche dispettoso elfo – di nome buco, ozono o surriscaldamento (globale di cognome) – si è portato via. Così, nei giorni della merla appena trascorsi, in alcune località della Lombardia si sono sfiorati i 18 gradi.

Polenta? Neanche parlarne… Mi ha tirato un po’ su sperimentare questo risotto. Che ora pubblico e che potete rimestare anche in canotta.

Risotto al latte, in crema di cipollotto al profumo di liquirizia

Cosa ti serve (per 4 persone)

300 gr di risotto Carnaroli

6 cipollotti freschi

2 cucchiai di olio extravergine d’oliva

1 tazza di latte

2 tazze di brodo vegetale

2 noci di burro

80 gr di parmigiano reggiano grattugiato ben stagionato

1 bicchierino di liquore alla liquirizia purissima

sale e pepe q.b.

 Come devi fare

Pulisci e lava i cipollotti, poi tagliali a rondelle fini fini e falli appassire dolcemente e a lungo nell’olio; aggiusta di sale e pepe. Quando sono ben appassiti toglili dalla casseruola, mettili in un contenitore alto e passali al mixer fino a ottenere una crema. Incorpora alla crema di cipollotti la tazza di latte, versandolo a filo, e poi trasferisci il tutto in una casseruola, tieni in caldo a fuoco basso. Metti sul fuoco anche il brodo vegetale e portalo a bollore. Nel frattempo, nella casseruola in cui hai appassito i cipollotti fai tostare il riso, senza alcun condimento. Quando è rovente, versa un primo mestolo di brodo bollente e fallo assorbire. Prosegui così fino a metà cottura del riso e poi continua a irrorare il risotto con la crema di latte e cipollotti ben calda, fino a fine risotto.

Alcuni minuti prima di spegnere, versaci il parmigiano e poi, a fuoco spento, manteca con una noce di burro freddissimo, smettendo di mescolare.

Intanto che il risotto riposa, versa in un padellino l’altra noce di burro, falla sciogliere e aggiungi il liquore di liquirizia: fai andare il tutto a fuoco vivace per ottenere una riduzione caramellata che verserai a filo sul risotto all’onda dopo averlo impiattato. Una bontà, provare per credere!

 

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