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È arrivato il Natale anche su Emoticibo, con questa Ghirlanda salata, dai sapori invernali come salsiccia, crescenza e teneri spinaci. E dall’aspetto fiabesco

22 Dicembre 2022

È Natale. La magia si rinnova, ogni anno un po’ più stropicciata dagli anni e dai pensieri, come si diceva una volta (oggi si preferisce dire stress, ma l’è istess, come dicono a Milano). Io ho la fortuna di vivere il Natale da tre anni anche attraverso gli occhi stupiti e blu di un nipotino meraviglioso e quindi la magia si rinnova; insieme aspettiamo Babbo Natale, Gesù Bambino e i loro doni…

Oltre a questa mia Ghrilanda salata di Natale, vi regalo anche una fiaba, che ho scritto su indicazioni di mia figlia per la sua attività di psicologa presso una Rsa; è molto piaciuta e io ne sono fiera… (a onor del vero ne ho scritte due, ma questa è quella che mi piace di più! Comunque non escludo, magari per la Befana, quando la nostalgia del Natale è già consistente, di farvi leggere anche l’altra!).

A seguire, troverete la ricetta! È pur sempre un blog di cucina…

La fuga delle pecorelle di Natale – Racconto per una casa di riposo per anziani

Quando la nonna, risvegliatasi dal suo torpore pomeridiano infilò la gallina nella pentola del brodo per il giorno dopo che avrebbe ospitato i golosi ravioli, fuori c’era ancora un pallido sole. Invernale, offuscato dalla luce morente del tardo pomeriggio, ma c’era. Il tempo che il giudizioso Armando e quella birichina di sua sorella Federica terminassero di scrivere la letterina che era destinata sì a Gesù Bambino, ma che intanto l’indomani sarebbe stata infilata come al solito sotto il piatto del papà, ed ecco che nuvoloni neri si davano appuntamento nel cielo di campagna.

Nonno Gaetano spiava il cielo, come del resto faceva sempre, ma quella volta – lui che non era mai agitato – sembrava in preda al ballo di San Vito: quelle nuvolacce non promettevano proprio niente di buono. A cogliere l’apprensione del nonno fu dapprima Whisky, il cane; col suo infallibile fiuto non si era lasciato ingannare dal nonno che sembrava fischiettare mentre buttava l’ennesimo ciocco nel camino. Poi, all’improvviso, afferrando dall’attaccapanni di legno in anticamera la sua cerata imbottita, un po’ sdrucita qua e là (in fondo, era quella che usava per andare nei campi), Nonno Gaetano, senza farla troppo grande, pensò che un giretto fuori, per vedere cosa stesse succedendo, non sarebbe stato male.

Il tempo di varcare la soglia della villetta rossa – nota in paese perché era l’ultima della strada, dopodiché si apriva la gran distesa dei campi e dei pascoli – venivan giù dei fiocchi grossi come fazzoletti, per di più spinti da folate di vento che più che vento sembravano soffi di una cerbottana malefica.

La nonna che sferruzzava nella sua poltrona, Armando, Federica e perfino la pentola del brodo parvero trattenere il respiro per la furia che entrava dalla porta mentre questa veniva cautamente aperta. Solo Whisky, che non lo staccavi dal nonno neanche a piangere, si infilò prontamente dietro di lui.

La tormenta toglieva il fiato e offuscava la vista, ma Gaetano e il cane videro subito quanto bastava: qualcuno, magari Armando, quando era andato fuori nel primo pomeriggio a prendere qualche piccolo ciocco per la legna, aveva fatto il suo consueto saluto al recinto delle pecore… lasciandolo, ahinoi, semiaperto. Del resto lui, buono come il pane, bimbo docile e sempre attento, era fatto così: un po’ distratto. Mica per altro, ma chissà a cosa pensava mentre faceva le cose…

Non solo però il nonno vedeva il cancello ahinoi mezzo aperto, non solo aveva capito cosa stesse succedendo, non solo – trafiggendo la tormenta con gli occhi ancora ben funzionanti – vedeva le pecorelle, impaurite dal tempaccio, correre e correre senza destinazione e, come erano use, tutte insieme… il nonno vedeva nella neve anche due zampette a scacchi rossi e blu, che finivano con degli stivalacci da lavoro, agitarsi vieppiù… In alto, nell’aria, appena fuori dal giardino della rossa villetta.

”Questa poi” pensò nonno Gaetano facendo eco coi suoi pensieri all’abbaiare del quieto Whisky che, quando vedeva qualcosa che non lo convinceva, abbaiava a più non posso!

Fendendo il vento e la tormenta, ormai coperta di neve la giubba, il nonno e Whisky si portarono vicino a quella specie di fagotto informe che agitava le gambe e gli stivali nell’aria, peraltro senza concludere granché… Chi era costui?

Ma era Cosimo il giardiniere, uscito dal suo capannone per tornare a casa appena aveva realizzato che non era certo giornata da cesoie né da annaffiature: al massimo, se non avesse poi dovuto – come ogni anno – fare il giro del Paese travestito da Babbo Natale, avrebbe convenuto che era un tempaccio da goccetto di rosso, di quello buono! Peccato che fosse stato trascinato rovinosamente a terra dalle pecorelle in fuga!

Nonno Gaetano, dopo un primo momento di stupore, sollecitò Whisky a fare il suo dovere, ovvero andare a raccogliere le pecore, mentre lui dava una mano a quel mezzo congelato di Cosimo, che già stava in piedi a fatica nella normalità, in quanto composto da gambette corte sopra un corpo tondo tondo, con una pancia di tutto rispetto, ma adesso in piedi faticava proprio a starci! E mentre compiaciuto vedeva da lontano il suo amato cane fare un buon lavoro con le pecorelle, nonno Gaetano si affannò ad accompagnare a casa il povero Cosimo, il quale non sapeva dire se si era slogato una caviglia o due, ma di certo riusciva a capire che non avrebbe potuto fare alcun giro di Paese travestito da Babbo Natale, quella notte!

Lasciato Cosimo nelle mani di una moglie piuttosto arcigna e per niente amorevole, nonno Gaetano tornò a passo veloce verso casa, constatando con piacere che la tormenta stava cessando e che le pecore stavano infilando, a una a una, l’ovile. Chiuso per bene il cancelletto del recinto, insieme al suo fido cane, nonno Gaetano non fece in tempo a rientrare nel tepore della sua casa che tutti cominciarono a fargli domande, parlando uno sopra l’altro e lui, vicino al fuoco per riscaldarsi ed asciugarsi un po’, paziente come al solito, rispondeva a ognuno.

Fu la nonna, quieta di carattere ma sempre all’erta, a sollevare il problema col nonno, col linguaggio dei segni, cercando di non farsi sentire dai bambini: se Cosimo il giardiniere si era fatto male, chi avrebbe indossato i panni di Babbo Natale per fare il giro del Paese quella notte? Mica si potevano deludere così i piccoli, in fondo era solo un anno che aspettavano!

Eh già… chi si sarebbe travestito da Babbo Natale al posto di Cosimo il giardiniere? Il nonno, che era un tipo sveglio quanto la nonna, ma anche molto magro per non dire allampanato, senza farsi vedere dai bambini indicò con le mani la sua figura: troppo lunga e troppo magra per trarre in inganno chiunque… La nonna non ne volle sapere: c’era un buco da coprire e lui l’avrebbe coperto; c’erano bambini da stupire e lui li avrebbe stupiti; c’era Babbo Natale da interpretare, e lui l’avrebbe interpretato!

Così, spediti Armando e Federica a completare l’albero con la loro mamma nella stanza vicina, e a preparare il catino con l’acqua e a cercare le 5 lire per Gesù Bambino, il nonno e la nonna si chiusero in cucina per cercare di… ingrassare a dovere nonno Gaetano e dargli la parvenza di un panciuto Babbo Natale. Fu così che vennero saccheggiati cuscini e coperte lasciando quasi spoglia l’accogliente poltrona vicino al fuoco e fu così che il nonno diventò grassottello in meno di un’ora; mentre gli ci vollero appena 5 minuti per sentirsi fiero e orgoglioso di aver salvato il Natale.

A rimanerci un po’ male furono Armando e Federica, che mentre si infagottavano per andare con la nonna e i genitori verso la piazza del paese a incontrare Babbo Natale e a prendersi i loro doni, non vedevano da nessuna parte nonno Gaetano… Ma nonna li persuase che, a forza di radunare le pecore e stare in mezzo alla tormenta, il nonno si era buscato un gran raffreddore e siccome l’indomani voleva mangiarsi il cappone e il vitello tonnato che tanto gli piacevano, si era ficcato sotto le coperte prima che facesse notte. Tranquillizzati, i bimbi corsero incontro a quello strano Babbo Natale, che girava in tondo per la piazza, dicendo “Oh, Oh”, e che quest’anno aveva delle gambe così lunghe che non si erano mai viste prima in un Babbo Natale.

Ma siccome è bene tutto quel che finisce bene, andarono tutti a letto felici nella notte Santa, chi – come Federica – sperando che Gesù Bambino l’indomani le portasse una bambola più grande di lei. Chi, come l’Armandino, ripromettendosi di chiudere bene d’ora in poi tutti i recinti. Chi, come la nonna, sapendo che sarebbero stati tutti insieme anche quell’anno ed era ciò che più contava. Chi sognando un bel cappone lesso, come il nonno Gaetano che – diciamolo pure – se lo era proprio meritato!

E ora la mia GHIRLANDA SALATA DI NATALE CON SALSICCIA, CRESCENZA E SPINACI

Cosa ti serve

2 rotoli di pasta sfoglia già pronta
400 g di spinaci freschi
200 g di crescenza
250 g di salsiccia di maiale fresca
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
1 grattugiata di noce moscata
1 uovo
1 tuorlo
1 cucchiaio di latte
un ciuffetto di aneto
10 pomodorini ciliegini
1 cucchiai di ricotta
sale e pepe q.b.

Come devi fare

Lava e sbollenta gli spinaci nella sola acqua che rimane dopo averli sgrondati: basteranno 5 minuti, quindi scolali e mettili a raffreddare. Sgrana la salsiccia, privandola del naturale budello e versala in un padellino antiaderente per farla rosolare bene. Spegni e lascia raffreddare.

In una ciotola versa la crescenza e lavorala un poco con una forchetta per ammorbidirla. Aggiungi l’uovo e il parmigiano, quindi la salsiccia e gli spinaci ben strizzati e tagliuzzati. Aggiungi una presa di noce moscata, poco sale e pepe a piacere e mescola fino a ottenere una farcia piuttosto soda.

Distendi le due sfoglie su un foglio di carta da forno e una accanto all’altra per il lato corto, sovrapponendole lievemente, passaci il matterello per incollarle, fino a ottenere un grande rettangolo che taglierai a metà in due parti esatte, in orizzontale.

Versa metà della farcia nel mezzo della prima striscia di pasta, bagna con poca acqua i bordi e quindi chiudi a rotolo per il lungo, in orizzontale, quindi richiudilo ad anello. Fai lo stesso con l’altro rettangolo di pasta, tenendolo appena più corto. Poni il primo “cerchio” di sfoglia ripiena in una teglia rotonda che lo contenga bene e quindi posiziona anche il secondo, più all’interno, ben appoggiato. Se vuoi, con un avanzo di pasta puoi fare un nastrino o un decoro sulla ghirlanda ancora cruda. Abbi cura di non richiudere bene l’anello interno: se si intravede un po’ di farcia verde di spinaci e bianca di formaggio, meglio…

Spennella la pasta con il tuorlo sbattuto e allunato con il latte. Inforna a 200 gradi per circa 35-40 minuti (dipende dal forno). Quando la ghirlanda salata è dorata e cotta spegni e fai lievemente raffreddare, quindi decora coi pomodorini tagliati a metà e “incollati” con poca ricotta (come fosse colla). Fai lo stesso coi rametti di aneto.

Servi tiepida e Buon Natale a tutti!

 

 

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