Ogni volta che faccio un tuffo nella mondanità, mi capita di fare una riflessione sullo spasmodico e diffuso desiderio di mantenersi giovani che c’è in giro.
Tutti intenti a danzare assurdi minuetti che si consumano in altrettanto assurdi baci, dati a tre metri di distanza, e mentre ti accingi educatamente a rispondere, il tuo interlocutore – o interlocutrice – è già scivolato/a verso un altro avventore, un altro bacio fugace, un’altra educata domanda la cui risposta rimane a mezz’aria e di cui non frega niente a nessuno. Ovvio, lo stesso fai tu, perché così si usa.
È la leggera inconsistenza di questa fiera delle vanità, che tanto assomiglia a quella celebrata da testi letterari che potrebbero costituire ancora oggi buone letture (vedi il romanzo inglese del buon William Makepeace Thackeray, dall’omonimo titolo: La fiera delle vanità).
Mentre penso a tutto questo, non posso non notare, però, anche gli sforzi di sembrare immarcescibili 40enni con almeno quattro lustri di più. E ogni volta, in mezzo a fiumi di botulino e punturine che hanno fatto danni incommensurabili su volti da tempo familiari, mi capita di pensare che assai poche persone si preoccupano in realtà di ciò che mantiene davvero giovani.
Ovvero le passioni forti, le aspettative ancora da rincorrere, i sogni senza età da realizzare… tutte cose che poi, di fatto, lasciano segni e rughe, ma solo fuori, magari sulla faccia, nell’incedere incerto, non certo nella luce degli occhi. Così, quando rientro da queste occasioni mondane, mi sorge spontanea una preghiera: che mi sia dato sempre il gusto di apprezzare i sapori forti. Che sappia sempre mettermi in discussione, capace di nutrire passioni che vadano al di là delle apparenze, che ti rubino l’anima, consumandola in attese e speranze dove la posta in gioco è alta ed esce dai confini di zigomi alzati da una buona dose di botox.
A tutti coloro che continuano a lottare con lo spirito dei 20 anni fregandosene di averne almeno il triplo, dedico questo delizioso primo piatto.
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